RACCONTI




Idroman 2012
Distanza Olimpica
1,5 km nuoto – 40 km bici – 10 km corsa


“La salita è come il drago. Per ucciderla, devi colpirla alla testa!”.
Non è una frase del mitico Aldo Rock, il simpatico “guru” mediatico del triathlon italiano, ma di Pietro Rizzo, mio marito, che così commenta i 1.300 metri di dislivello che vado ad affrontare oggi, nella frazione di bici, all’Idroman, una competizione di triathlon che si svolge sul Lago d’Idro (BS).
Questo incantevole angolo di Lombardia si rivela un posticino ameno, poco noto al turismo di massa e molto ospitale.
Alla luce soffusa del mattino presto, il lago verdeggia luccicante, invitandomi ad entrare e a provare l’acqua prima della partenza. Non è fredda e, sebbene ci sia un po’ di corrente che a riva si percepisce appena, io sono preoccupata, come sempre alla partenza della frazione di nuoto.
Stempero la tensione scambiando due parole con Pietro, che mi guata minaccioso, anticipando qualsiasi mia defaillance con un categorico “Ciao e divertiti!” e con Giancarlo, il mio simpatico compagno di squadra, col quale ci ritroviamo, del tutto inaspettatamente.
Anche lui farà l’olimpico, sebbene ci sia nella stessa manifestazione la possibilità di gareggiare anche sulla distanza Sprint e su Medio.
Dopo il 70.3 di Pescara, però non mi sembrava il caso di affrontare una distanza troppo impegnativa, così l’olimpico si rivela la distanza perfetta con il suo chilometro e mezzo di nuoto,i  quaranta chilometri di bici e i circa 10 chilometri di corsa.
Idro è una gara rinomata per la difficoltà della frazione in bicicletta, ma ho scoperto di amare le salite all’olimpico di Pietra Ligure, così eccomi qui…
Si parte col nuoto alle 08:15 circa, e già alle prime bracciate devo fare una breve sosta per rimettere in sesto gli occhialini, che imbarcano acqua. Nuoto rilassata con le gambe che spingono appena: l’intenzione è quella di forzare un po’ il ritmo gli ultimi 500 metri. L’acqua è perfetta, la scia di atleti che nuotano si è allungata e devo solo stare attenta a non sbagliare traiettoria per completare i due giri attorno alle tre boe. C’è un po’ di corrente al ritorno ma si nuota facile. In pochi minuti, una volta uscita dal lago, sono pronta per la frazione di bici che mi attende, con i suoi 1.300 metri di dislivello positivo.
La prima salita importante è quella che ci porta da Idro (335 mt s.l.m) a Capovalle (1.000 mt s.l.m): è lunga all’incirca una decina di chilometri e sembra di non finire più. Si sale sull’asfalto in mezzo a boschi di larici e abeti e salendo, si può ammirare il lago incastonato nella valle verdissima.
Una volta scollinato, a Capovalle ci inoltriamo in Val Vestino o Valle Vestina, una valle della provincia di Brescia posta tra il lago di Garda e quello d'Idro, dove scendiamo in direzione del Garda per sette chilometri molto tecnici, su una discesa stretta e ripida, con curve impreviste e incalzanti.
Dietro di me un’ambulanza che va’ a soccorrere qualche malcapitato, probabilmente caduto dalla bici. Agevolo il sorpasso mettendomi tutta a destra e scendo con prudenza, anche perché l’asfalto è disseminato di sassi caduti dalla parete accanto e il traffico veicolare, nonostante la gara, è aperto.
Si risale, una volta raggiunto il torrente Toscolano, a sinistra, in direzione dell’abitato di Persone.
La salita da morbida si fa’ severa e qualche anziano del luogo mi guarda passare, puntando sui pedali con il cambio più agile possibile, commentando con la vicina: “Ma l’è una dona?! Brava, brava!”.
Se non stessi facendo la fatica che faccio, mi verrebbe da ridere. Da Persone, si risale ancora verso Moerna; mentre pedalo su un falso piano che mi permette di recuperare un po’ di fiato, non posso far altro che ammirare il panorama selvaggio e spettacolare dei monti dalla vegetazione lussureggiante. Con un sospiro di sollievo sono di nuovo a Capovalle, da dove affrontato ormai con spirito lieto l’ultimo strappetto in salita, sono pronta per sbrigare gli ultimi dieci chilometri di velocissima e ripida discesa.
Con un occhio alla strada e l’altro ai veicoli in transito, alle moto dell’organizzazione che vegliano su di noi, e attenta a non tirar dritto alle curve, mi stupisco di come son riuscita a scalare in sella alla mia biciclettina e scendo, rapida ma non troppo verso Idro.
Scesa dalla bici, mi attendono dieci chilometri di corsa. Dimentico di prendere l’ultimo gel, dimentico di bere, tanta è la voglia di correre e arrivare al traguardo. Pietro è lì dietro alle transenne e mi osserva e mi incoraggia, come sempre.
Patisco un po’ il caldo, ma corro più rilassata possibile. Riesco a recuperare persino qualche posizione. Sul lungo lago animato dagli accompagnatori degli atleti che fanno il tifo a tutti e a tutte e ai villeggianti che ci osservano increduli, corro la mia frazione podistica che concludo degnamente, nonostante la fatica.
L’arrivo al traguardo è una vera liberazione, una grande gioia e una bella soddisfazione per aver portato a termine una competizione così impegnativa.

Per la cronaca:
7 assoluta, 1 cat. S4
Nuoto 37:04 minuti – Bici 2.10: 41 – Corsa 50:27
Tempo totale di gara: 03:38:11























Ironman Pescara 70.3 
10 giugno 2012

E’ finita l'esperienza di Pescara, anche se nel rifletterci provo ancora quel palpito di gioia e quel groppo di emozione fortissima, incontenibile, che mi ha riempito gli occhi di lacrime anche oggi, nel ripensarci, mentre correvo.
Il giorno prima della gara avevo chiesto a Pietro che cosa pensa, che cosa gli da' la forza di andare avanti quando la fatica diventa insostenibile.
"Insomma, vuoi un mantra” mi dice Vuoi la formula magica!” E ridiamo entrambi perché sappiamo bene tutti e due che a volte la fatica è così forte che niente ti può motivare a proseguire, se non te stesso.
"Quanti giorni ti ricordi veramente della tua vita?” mi chiede Pietro “Ecco, tu pensa che puoi fare di domani un giorno che ricorderai per sempre, con orgoglio”.

A questo penso mentre sto con i piedi nella sabbia, alla partenza, accanto a Walter, che parte nella mia stessa batteria. Sono andata ad abbracciare il mitico Aldo Rock e ad augurargli:"In bocca al lupo!" ed ora, mentre attaccano i Guns' n Roses a manetta, entro in acqua e comincio, dopo un po' di passerella nel basso mare adriatico, a nuotare. 
Sono in mezzo a 277 persone che nuotano e c'è un po' di confusione, ma non mi perdo d'animo. "Sai nuotare, quindi fallo. Tu vuoi quel traguardo, no?!”.
Accanto a me nuota qualcuno, uomo o donna, non capisco, che ha il mio stesso ritmo, ci guardiamo negli occhi ad ogni bracciata ed è come se ci facessimo coraggio a vicenda.
Il tragitto in mare è lunghissimo, più lungo dei 1.900 metri previsti, ma arrivo a poggiare i piedi sulla sabbia e  già mi sento vittoriosa. Mentre percorro la lunga passerella blu verso la zona cambio, intravedo Pietro. “Grazie di essere qui con me!”
Sono euforica e perdo un sacco di tempo in zona cambio tra pit-stop al bagno e vestizione per la bici.

Sulla bici mi sento bene e pedalo bene. Dopo l’asse attrezzato, in uscita da Pescara, saliamo sulle dolci colline tra gli uliveti.
Adesso posso confessare con un po' di vergogna che questi sono i primi 90 km che mi accingo a pedalare, ma non ho nessun timore in proposito. Fa' caldo e bevo molto, mi alimento come da indicazioni ricevute da Pietro. Chi meglio di lui, con la sua esperienza di gare sulla lunga distanza?
Pedalo leggera e mi godo il panorama, sto attenta all'asfalto e rimango concentrata per i primi 45 chilometri che passano in fretta. Al secondo giro mi concedo un po' di svago scambiando due battute in greco con Maria, di Rodi, dove ho lavorato e imparato la lingua. E' una bella ragazza bionda che mi sorride meravigliata di sentirsi apostrofata in greco. Faccio bene le discese, senza slogarmi le dita sui freni, come faccio al solito per un eccesso di prudenza, e non manco di mandare improperi al cretino che mi passa a destra, a 60 km/h circa.
E' un professionista, me ne accorgo da numero basso, ma per me è solo un idiota che mi mette in pericolo.
Soffro un po' l'asse attrezzato: siamo controvento ed io ho anche male il sottosella, perciò la pedalata si fa' discontinua e meno efficiente. 
Patisco, ma tengo duro, e sto attenta a non perdere troppa velocità.
Pescara sembra non arrivare più, quando al 90° chilometro mi accorgo che siamo ancora lontani. "Non è finita finché non è finita". Nonostante vento e caldo, chiudo la frazione di bici dignitosamente, in tre ore e mezza, come avevo preventivato, nonostante i chilometri in più.

Arrivo in zona cambio per il running e trovo molte bici messe in maniera scorretta, senza che alcun giudice sia lì a controllare. Sono perplessa, ma ho altro cui pensare. Adesso mi aspetta la mezza maratona.
Mentre mi preparo e ricevo gli ultimi incoraggiamenti mi lamento un po': "Basta gel, voglio un arrosticino!!".
Gli astanti, abruzzesi, ridono. Io sorrido e vado a prendermi la mia medaglia.
Sto per diventare finisher. 
Posso farcela, adesso si balla la mia musica.
Ed io ballo, o meglio, corro… Corro bene anche se parto un po' troppo spedita, mentre la gente applaude e grida il nome sul mio pettorale. Al sesto chilometro però mi blocco, cammino un po’, qualcosa non va'. Ho paura che sia lo stomaco, non mi sento bene.
Un marcantonio alto e fasciato in un body arancio mi apostrofa "Ehi, su!!", così ricomincio a correre e mi accorgo che ho avuto paura e basta. Paura di essere troppo stanca per finire, ma non è così. Lo riprendo e lo passo e ci scambiamo un sorriso. Adesso va’ meglio.
Corro, bevendo a tutti i ristori, coca cola e acqua: acqua in testa e acqua addosso. Sono zuppa, con le scarpine da running che sciabattano umide, ma corro. All'ultimo giro, Pietro corre per alcuni metri con me. "Dai, dai, dai, stai andando benissimo! Adesso vai al ponte e poi hai finito!".
"Tu non sai cos'è quel ponte...!" piagnucolo.
 "Si, ma è finita. Poi alla passerella rossa,rallenti e  ti godi l'arrivo, perché di arrivi così ce ne sono pochi!" e mi assesta una bella pacca sul didietro tra le risate del pubblico.
Corro ancora bene, facilmente, scalo il maledetto Ponte sul Mare di corsa.
Arrivo sul lungomare e alzo le braccia, trionfante, e alla passerella rossa che conduce al traguardo, dico a tutti che ho finito, sono arrivata e rido, piango e do' la mano a tutti quelli che l'allungano per darmi il cinque. Sono così felice!
Mi prendo la mia medaglia e abbraccio mio marito che mi raggiunge subito.
Sono emozionata e felice e penso che adesso voglio la favola intera.
Adesso voglio l'Ironman.

I miei risultati:

00:43:28 nuoto
00:06:29 T1 (mi sono rifatta il trucco…)
03:31:30 bici 
00:03:27 T2 (un'altra passata di rossetto per i fotografi…)
01:52:17 corsa

Tempo totale di gara: 6 ore e 17 minuti. 







24° Triathlon Olimpico Internazionale di Caldaro
Lago di Caldaro (BZ)

“Te la sei proprio cercata” penso mentre sto nuotando, o meglio, cercando di nuotare questi 1.500 metri della prima frazione di gara. L’acqua del lago è fredda e le onde che si sono alzate per il vento del primo pomeriggio, mi infastidiscono. Ho fatto l’errore di non provare a nuotare prima del via e l’agitazione ha fatto il resto. Il gruppo mi sfila di fianco ad un buon ritmo ed io vado in difficoltà, nel nulla di quest’acqua. Dietro di me tre ragazze che nuotano a rana. "No dai, devo farcela!". Mi rimetto in carreggiata, raggiungo la prima boa e poi nuoto decisa, controllando di tanto in tanto la posizione, fino alla prima uscita dall’acqua sul pontile, dove ritrovo Pietro che mi incoraggia con un sorriso. Ora so cosa mi aspetta: mi butto in acqua per la seconda parte del percorso a nuoto.
Le batterie maschili mi raggiungono e qualcuno mi passa praticamente sopra proprio in prossimità della boa, ma io non mollo e guadagno la riva.

In qualche maniera, dopo questa prima frazione un po' troppo sofferta, dove so di non aver dato il meglio di me, raggiungo la zona cambio e mi preparo per la frazione bici.
So che c’è tanta salita, ma non me l’aspettavo così dura. Traffico con il cambio e comincio a pedalare per questi 40 km che si sviluppano su tre giri da 13 e rotti affiancando il lago, dove i windsurf hanno riguadagnato il loro spazio sullo specchio d'acqua del lago.
A vederli filare così sull’acqua, si capisce che c’è parecchio vento.
Vado prudente sulla discesa, cerco di pedalare bene, senza sfiancarmi. È il primo olimpico, quindi mi dico di stare serena e di non farmi prendere dall’ansia.
Sono qui anche per fare esperienza. Vedo gente mi schizza accanto a delle velocità improbabili, ma io vado piuttosto tranquilla, anche perché mio malgrado sono testimone di un brutto incidente.
Un ragazzo perde il controllo della bici e s’infila nella mia carreggiata a tutta velocità. Mentre io riesco ad evitarlo scartando sulla destra, lui va’ ad incocciare con un urlo belluino l’ignaro concorrente che alla mia sinistra non fa’ in tempo a spostarsi.
In un groviglio di lamiere, di gambe e braccia, cadono a terra entrambi. 

Porto a termine i miei 40 chilometri in un’ora e 33 minuti, un po’ più lenta di quello che pensavo, ma tra la salita e il vento, ci può anche stare.
La frazione di corsa non è un problema: fin da subito trovo un ritmo regolare, mentre tanti camminano, per quanto fin dai primi metri mi faccio persuasa che tra salite e discese, tenere il ritmo sarà un problema. Sono piuttosto stanca, ma il percorso ad anello di 3 km e 300 metri da ripetere tre volte mi aiuta a rimanere concentrata e a non perdere motivazione, perchè ad ogni giro c’è Pietro che mi aspetta, mi incoraggia, mi sorride. 


"Dai! Convinta!" mi dice. Ed io corro, su questo percorso ondulato, cavandomela tutto sommato bene con una dignitosa frazione di 50 minuti; un tempo che se non altro testimonia che non sono completamente scoppiata!
L’ultima salitella e poi il sospirato traguardo, dove il pubblico ancora ci applaude.

Ci sono alcuni aspetti da mettere a punto, ma tutto sommato, è stata una bella esperienza.
E anche Caldaro è sempre un meraviglioso posto dove tornare volentieri!

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